Liberare la mente dai «giudizi» sulla realtà e sulle cose. Diventare osservatori sereni, distaccati e oggettivi. Potenziare l’attenzione su ciò che ci circonda, guardando attimo per attimo, ma solo come semplici testimoni.
Sono queste le basi sulle quali si fondano i principi di una disciplina antichissima e oggi tutta da riscoprire: la meditazione. Il dottor Roberto Di Rubbo, medico Chirurgo, specialista in Psichiatria e Psicoterapia e Master di II livello in Meditazione e Mindfulness presso l’Università di Firenze, ci spiega in che cosa consiste questa disciplina, proprio a partire dalle sue origini remote. “Quelle della meditazione Vipassana, ad esempio precedono l’avvento del Buddhismo, anche se fu proprio il Gautama Budda a riscoprirla e diffonderla, 2500 anni fa, come metodo per uscire da ogni tipo di sofferenza”.
Nata in India come tecnica spirituale, questa forma di meditazione non rientrava in nessun corpus religioso o filosofico e veniva praticata dalle persone a prescindere dal fatto che fossero laiche o religiose.
1) Che cosa si intende per “meditazione”? Quali origini ha questa pratica ?
«Il termine “meditazione” indica una serie di pratiche utilizzate per autoregolare gli stati del corpo/mente imparando ad usare una facoltà della mente stessa: l’attenzione, che viene indirizzata all’osservazione dell’esperienza attuale, momento per momento.
Classicamente si riconoscono due indirizzi meditativi fondamentali: quello indirizzato alla Mindfulness (traduzione inglese della parola Sati in lingua Pali, che vuol dire “attenzione consapevole”) e quello indirizzato alla Concentrazione.
Esempi del primo tipo sono: la meditazione Vipassana, quella Zen e le pratiche meditative di Mindfulness adattate per gli occidentali. In questo primo indirizzo meditativo si ha l’intento di mantenere l’attenzione sul momento presente, in modo non giudicante, su ogni pensiero, sentimento, sensazione che sorge, momento dopo momento, col puro scopo di divenire consapevoli, come un testimone distaccato, di tutto ciò che sorge nella mente.
Esempi del secondo tipo sono: alcune forme di meditazione yogica, la meditazione buddista Samatha. Nelle tecniche meditative di concentrazione il focus dell’attenzione è mantenuto su una specifica attività mentale o sensoriale, quali un suono ripetuto (il famoso mantra), la visualizzazione di un’immagine, il respiro. Focalizzando così l’attenzione il flusso dei pensieri lentamente si placa, fino ad arrestarsi e permettere la sperimentazione di stati di coscienza non ordinari.
Si può dire comunque che lo sviluppo della consapevolezza di essere il “Testimone” (una funzione osservante non giudicante) è l’obiettivo implicito o esplicito di ogni forma di meditazione».
2) E’ una disciplina riconosciuta anche a livello scientifico?
«Considerando solo i lavori su giornali scientifici internazionali, dal 2009 si contavano già più di 1500 articoli scientifici sugli effetti terapeutici della meditazione. In Canada e Australia, oltre che negli USA, numerose istituzioni utilizzavano procedure di meditazione all’interno di protocolli terapeutici già vent’anni fa. Piuttosto noto ormai è la Stress Reduction Unit del Clinical Center dell’University of Massachussetts, diretto da Jon Kabat-Zinn».
3) A chi può portare giovamento?
«Tendenzialmente, in varia forma e misura, a tutti coloro che ne intuiscono il potenziale o a cui viene fatta conoscere e la praticano. Malattie psicotiche o una assoluta carenza di tendenza all’introspezione, generalmente escludono l’applicabilità della meditazione, ma ogni caso è da valutare singolarmente».
4) Esiste una fascia di età ideale per praticare la “meditazione”?
«No. Ogni persona che decida di dedicarsi alla scoperta della sua mente può iniziare a farlo. A qualunque età. Magari è opportuno farsi aiutare da un maestro da un praticante esperto perchè la mente concettuale spesso si “intrappola da sola”, nel tentativo di mantenere tutto sotto controllo. Lo stato meditativo deve essere sviluppato in ogni attività della giornata in modo informale, come ad esempio con la Meditazione Camminata (meditare portando l’attenzione sul movimento dei piedi istante per istante)».
5) Può guarire qualche patologia?
«La Mindfulness rappresenta oggi la base centrale di una serie di trattamenti nuovi, validati empiricamente, e ha dimostrato nel corso dei decenni di essere una pratica capace di integrarsi con la maggior parte dei modelli psicoterapeutici.
Partendo dai disturbi psichiatrici, ci sono prove di evidenza dell’efficacia della meditazione nello stress in generale, nella depressione, incluse le forme con tendenza alla suicidalità, nel disturbo bipolare, nelle tossicodipendenze, nei disturbi d’ansia (attacchi di panico, ansia generalizzata, fobia sociale), nel disturbo post traumatico da stress, nel disturbo ossessivo compulsivo, nei disturbi dell’alimentazione, nell’ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività).
L’evidenza scientifica dell’efficacia terapeutica della meditazione è inoltre riportata in numerosi articoli per varie patologie organiche: dolore, malattie dell’apparato cardiovascolare (ipertensione, aritmie, malattie coronariche), sindrome metabolica, malattie dermatologiche con componenti psicosomatiche (quali ad esempio la psoriasi), cefalea, ed epilessia».
5) Perché si ha bisogno di una guida per affrontare questa pratica? Da soli a casa non è possibile?
«E’ importante che un praticante esperto possa fornire supporto a chi si avvicina alla meditazione. Almeno per un certo periodo di tempo. La mente operativa o concettuale, quella che usiamo quotidianamente, produce miliardi di pensieri continuamente. Nella meditazione ci si dirige verso il rallentamento e il silenzio di questa funzione della mente, mentre diventa più chiara la visione della struttura della mente stessa; non si cerca affatto l’annullamento del continuo chiacchiericcio interiore, ma di far emergere il silenzio perfetto sottostante. Come narra un racconto Zen, una tazza non può essere riempita con nulla se è già colma».
6) Quanto ci può aiutare la “meditazione” nei periodi di stress?
«Enormemente. Basti ricordare che il programma di Kabat-Zinn, il MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction) fu strutturato proprio per questo. Nel 1979, con il sostegno del primario di Medicina Interna del Medical Center dell’Università di Worcester (Massachusetts), fondò la prima Clinica per la riduzione dello stress basata sulla coltivazione della Consapevolezza».
7) Come si sposa la materia psichiatrica con quella meditativa?
«La possibilità di disidentificarsi dai propri contenuti mentali è la condizione alla base della nostra libertà e della nostra guarigione dal malessere mentale (e fisico), del corpo-mente. Questo è cio che persegue la psicoterapia, e, seppur per altre strade, è un obiettivo condiviso con la meditazione. Le due materie si sposano quindi molto bene. Io esercito la psicoterapia psicoanalitica, ma il beneficio che trae ogni terapeuta e ogni paziente, dallo stato meditativo del terapeuta in seduta è notevole: potenzia la capacità di ascolto e di attenzione, crea un silenzio pieno di pace, nonostante parte della mente del terapeuta non perda una sola parola di ciò che il paziente dice».
8) Nella società e nel mondo in cui viviamo oggi ha ancora senso pensare alla “meditazione” e sperimentarla?
«In un mondo dove il contatto con gli altri si è falsamente intensificato (Web, Facebook, Whatsapp, Messenger, etc.), dove i luoghi di incontro (lounge bar, discoteche etc.), sono affollatissimi, sono diminuite le persone sole? L’impressione è che siano aumentate. In un mondo dove apparentemente si è enormemente più vicini, siamo sempre più nel vuoto. Le relazioni sono diventate fittizie e non sostanziali. Questo accade prima di tutto nella relazione con noi stessi. Non siamo capaci di stare di fronte al nostro dolore di esistere. Abbiamo centinaia di occasioni di scappare da noi stessi. Quindi: ha senso fermarsi e cominciare a guardare cosa c’è dentro? Direi di si! Non solo ha ancora senso parlare di “meditazione”, oggi è fondamentale sperimentarla».
9) Chi la pratica deve farlo con continuità?
«Certamente. Chi va in palestra per migliorare la sua struttura corporea otterrà risultati andando in palestra solo quattro volte all’anno? Sicuramente no».
10) Meglio una seduta meditativa o una chiacchierata con un amico fidato?
«Sono due cose completamente diverse. Nella seduta meditativa io attivamente e progressivamente divento abile nella consapevolezza di me e nel contatto con la parte piu’ profonda, e oltre, della mente. Anche un buon amico può aiutarmi ad andare in quella direzione. Per cui, perchè scegliere l’uno o l’altro? Meglio entrambi, se possibile. Se mi trovo solo però alla sorgente di me c’è tutto».
11) Esistono centri qualificati dove imparare la “meditazione” in Italia?
« Senza voler pubblicizzare in particolare nessuno, si deve comunque riconoscere che il centro Buddista di Pomaia, in provincia di Pisa, (l’Istituto Lama Tzong Khapa, visitato l’estate scorsa anche dal Dalai Lama) ha al suo interno maestri, anche tibetani, di notevole valore. Ottimale sarebbe poter fare un ritiro di alcuni giorni. Gli altri riferimenti importanti sono il Centro per la Mindfulness in Italia (motus Mundi), il Centro Italiano Mindfulness, l’Associazione Vipassana Italia e ovviamente l’Istituto di Neuroscienze di Firenze presso il quale lavoro che ha una sezione dedicata all’insegnamento della Mindfulness».